Uno dei problemi che affligge il trasporto marittimo globale è l’abbandono dell’equipaggio, termine che si riferisce non solamente all'abbandono fisico ma anche ai maltrattamenti inflitti dal proprietario della nave ai marittimi impegnati a bordo. Ciò include la mancanza di cure mediche, stipendi non versati, cibo insufficiente, alloggi inadeguati fino ad arrivare al vero e proprio abbandono, che spesso coincide con quello della nave rimasta inoperosa.
Dai dati dell'Organizzazione marittima internazionale (Imo), nel 2024 sono stati registrati 310 casi, il 118% in più rispetto ai 142 che hanno segnato il record del 2023. Nell’arco di un anno i casi sono quindi più che raddoppiati raggiungendo un livello allarmante, ma osservando i dati dell’ultimo decennio l’impennata arriva addirittura al 2000%. Secondo gli esperti, il fenomeno sarebbe in parte causato dalla pandemia di Covid, che ha portato instabilità nel settore, e in parte è collegato anche alla crescita delle flotte ombra.
Il caso è controllato da vicino dalla Seafarers Happiness Index, un’organizzazione nata nel 2015 a tutela delle condizioni di lavoro degli operai del mare. "La crescente ondata di abbandoni dei marittimi deve essere arginata. Le buone azioni del trasporto marittimo sono oscurate da questo abuso. Bandiere false, flotte oscure e tumulti creano un terreno fertile per lo sfruttamento. Questo dovrebbe fungere da bandiera rossa per l'intero settore, abbiamo bisogno di una revisione del sistema per proteggere i marittimi e per richiamare gli aguzzini alle loro responsabilità", ha dichiarato Steven Jones, fondatore dell’Index.
La questione è già stata affrontata nel 2022 da un gruppo di lavoro tripartito congiunto dell'Ilo e dell'Imo, che ha adottato delle linee guida studiate esplicitamente per arginare l’abbandono di equipaggio, ma il drastico aumento dei casi registrato negli ultimi anni dimostra come il problema non solo non sia stato risolto, ma si sia addirittura aggravato. Le linee guida indicano le procedure che gli Stati devono seguire qualora un armatore non dovesse adempiere ai propri obblighi nei confronti dei marittimi, come l’onere di coprire i costi di rimpatrio, dei salari arretrati nonché la fornitura di bisogni essenziali come vitto, alloggio e assistenza medica.
Il problema è molto sentito specialmente in India, che vanta il triste primato di nazione con il numero più alto di marittimi abbandonati e dove, nei giorni scorsi, è stato annunciato un accordo con la Federazione Internazionale dei Lavoratori dei Trasporti (Itf) per agevolare il benessere dei lavoratori del mare. Nei comunicati è stata sottolineata l'urgente necessità di affrontare le sfide della salute mentale, citando l'aumento dei casi di depressione, ansia e persino suicidio tra i marittimi indiani, aggravati dal crescente problema dell'abbandono. Con questa iniziativa, l’India punta ad introdurre un sistema di supporto psicologico, strumenti di resilienza ed una formazione specifica per la gestione dello stress, in particolare durante i primi incarichi a bordo nave o in situazioni estreme come quella dell’abbandono.
La questione sembra comunque lontana da una soluzione e ci segnala, ancora una volta, come il costo dei trasporti globali gravi spesso sulle spalle dei lavoratori sfruttati. Il trasporto su gomma è infatti in crisi profonda per la carenza dei conducenti e l’arruolamento di manodopera da paesi meno sviluppati. La ferrovia europea, ma non solo, sta affrontando lotte sindacali e scioperi mentre l’abbandono divampa nel marittimo. Questo quadro, nell’insieme, solleva dubbi sulla sostenibilità dell’intero comparto che troppo spesso si regge sullo sfruttamento del lavoratore.
Marco Martinelli