È ormai noto che Amazon ha creato una rete di autotrasporto gestita in modo diretto, anche se spesso ciò avviene tramite vettori terzi, e che abbia costituito una propria flotta di aerei cargo. Meno nota, ma altrettanto attiva, è la crescita di un proprio servizio di trasporto marittimo attraverso il Pacifico. Le prime notizie sono emerse nel 2015, con la creazione di una società di spedizioni marittime registrata alla Fmc. Due anni dopo ha iniziato l’attività con una società cinese (progetto Dragon Boat) e ha continuato con l’acquisto di container e il noleggio di navi. Ora un analista intervistato dalla statunitense Cnbc, Steve Ferreira, racconta i più recenti sviluppi di quest’attività.
Secondo Ferreira, mentre le grandi portacontainer delle compagnie marittime aspettano fino a 45 giorni per entrare nel porto di Los Angeles, Amazon riesce a sbarcare sul suolo statunitense i suoi contenitori in un paio di giorni. Lo fa noleggiando portacontainer relativamente piccole e indicando loro di approdare negli scali statunitensi meno congestionati e trasferendo poi le merci con la sua rete di trasporto terrestre. Una strategia che ricorda quella della Marina britannica che alla fine del XVI secolo con navi agili riuscì a battere i grandi galeoni spagnoli dell’Invincibile Armada.
Un altra scelta strategica che quest’anno è risultata vincente è l’acquisto di container da 53 piedi. Infatti, uno dei problemi attuali è la carenza di container vuoti e il loro prezzo di acquisto, passato dai 2000 dollari prima della pandemia agli attuali 20mila dollari. Secondo Ferreira, Amazon ha acquistato negli ultimi due anni da 5000 a 10mila container. E quando questi contenitori arrivano pieni negli Stati Uniti si possono usare nel trasporto terrestre, se serve, senza doverli necessariamente riportare in Asia. Ciò offre un’elevata flessibilità, che si riflette un una grande capacità.
Ferreira afferma che Amazon è diventato il quinto fornitore di trasporto marittimo trans-pacifico. Un esempio che stanno seguendo anche le grandi catene di distribuzione organizzata, come Walmart, Costco, Home Depot, Ikea e Target. E non tutte le navi noleggiate sono nate come cellulari: in alcuni casi si convertono cargo per sfusi o chimici al trasporto di contenitori. Un’altra soluzione di Amazon per evitare gli intasamenti dei porti è usare la sua flotta di aerei cargo per creare un ponte aereo tra Cina e Stati Uniti.
Ma navi, camion e aerei non bastano per muovere le merci dai container all’ultimo miglio. Servono anche le persone per lavori che sono faticosi e mal retribuiti. Anche nei magazzini sta aumentando la carenza di manodopera, che serve soprattutto nei periodi di picco come quello delle feste natalizie. Per quelle del 2021 Amazon ha reclutato 150mila stagionali (contro i 100mila dell'anno precedente) e per attrarli offre un bonus che può arrivare a tremila dollari. Inoltre, la multinazionale ha aperto quest’anno ben 250 logistiche negli soli Stati Uniti.
Questa internalizzazione del trasporto comporta enormi costi, che solo un colosso come Amazon può affrontare senza ripercussioni. Secondo una ricerca di SJ Consulting Group, la multinazionale di Bezos ha speso 39 miliardi di dollari per gestire direttamente le spedizioni, che l’anno successivo sono cresciuti a 61 miliardi. Il risultato è che mentre nel 2019 Amazon gestiva direttamente la spedizione del 47% dei suoi pacchi, nel 2021 tale percentuale è salita al 72%.