Il rischio sempre più concreto di estensione dei conflitti in Ucraina e Gaza stanno facendo parlare sempre più spesso in Europa di “economia di guerra”, un concetto apparso per la prima volta 110 anni fa, ossia alla vigilia della Prima Guerra Mondiale. E in effetti, alcuni elementi di tale economia sono già apparsi, come le sanzioni alla Russia e gli ostacoli ai trasporti oceanici causati dalla crisi del Mar Rosso. Ma cosa potrebbe significare un’economia di guerra per il trasporto intercontinentale di container, che è il sistema di circolazione vitale dell'economia mondiale?
Upply affronta questo tema in un testo di Jérôme de Ricqlès, che parte da un articolo pubblicato il 10 gennaio 2024 dal quotidiano francese Le Monde. Vi si legge che nel 1914 economia di guerra significava “reindirizzare le materie prime, la produzione industriale, ma anche gli alimenti e i tessili, la logistica, la tassazione, gli investimenti e i risparmi esclusivamente alle necessità dell'esercito, anche a costo di razionare il consumo civile senza sacrificare i bisogni fondamentali".
Oggi l'impatto sembra – almeno per ora – più limitato, anche se la maggiore spesa per il riarmo avrà sicuramente conseguenze sul welfare europeo. Ma ipotizzando un peggioramento della situazione – e non solo in termini tradizionalmente militari, ma anche di guerra ibrida, economica e cibernetica –l'articolo prova a prevedere l’impatto di una moderna economia di guerra sul trasporto marittimo di container.
Nella prospettiva delle compagnie di navigazione, Jérôme de Ricqlès ritiene che potrebbe avvenire la requisizione di una parte della flotta mercantile da parte degli Stati, con noli comunque superiori ai costi di gestione e con l’inserimento di personale militare nella catena di comando della compagnia. Queste portacontainer potrebbero poi esser usate sia per il trasporto di materiale militare, sia per altri fini militari, come spionaggio o piattaforme di fuoco mascherate. Una situazione che prevede la distruzione delle navi cargo requisite, con un risarcimento da parte dello Stato con valori predefiniti.
L’economia di guerra avrebbe conseguenze anche per gli spedizionieri. C'è quella evidente dell'interruzione dei traffici con Paesi ritenuti nemici (cosa che accade già oggi con gli Stati sanzionati), anche se l’esperienza con la Russia e con l’Iran mostra che le sanzioni si possono aggirare. L'articolo conclude che guerra e commercio marittimo internazionale non sono incompatibili, ma emergerebbe uno scenario più restrittivo, più controllato e necessariamente regolato dagli Stati, soprattutto per la movimentazione di prodotti ritenuti necessari o strategici.
È interessante notare che abbiamo già sperimentato una condizione di logistica d’emergenza con la pandemia di Covid-19 ed è quindi possibile che alcuni insegnamenti emersi in questa esperienza possano essere utili anche in un’economica di guerra. A differenza però della pandemia, Jérôme de Ricqlès prevede che una situazione bellica potrebbe portare all’istituzione di noli marittimi fissati dagli Stati o da istituzione sovranazionali.
Si potrebbe arrivare alla pubblicazione di Commodity Box Rates, ossia noli stabiliti per tipo di merce e per singole rotte tra porti, rinnovabili periodicamente. Ciò sarebbe funzionale a garantire un trasporto marittimo che nello stesso tempo sia redittivo per gli operatori e tenuto sotto controllo per gli utilizzatori del trasporto nel contesto bellico.
Il testo di Upply nota che oggi questo sistema di Commodity Box Rates sarebbe facilmente attuabile su base globale basandosi sul sistema dei codici HS, ossia quello che descrive e codifica le merci. Si tratterebbe, in pratica, del ritorno ai noli applicati dalle conference delle compagnie marittime prima della liberalizzazione del 2008.
Insomma, conclude Jérôme de Ricqlès, il passaggio a un’economia di guerra potrebbe portare a una sospensione della liberalizzazione del trasporto marittimo di container perlomeno parziale per la durata del conflitto, ma con un una complicazione: bisogna ridefinire il concetto di guerra, la sua estensione geografica e la sua durata in un contesto nuovo rispetto al passato.