Il Consiglio di Stato si è espresso sulla riforma portuale con il parere numero 1142 del 9 maggio 2016, espresso dalla Commissione Speciale, che lo stesso organismo sintetizza in dieci punti. Nel primo ammette che questa è la prima riforma organica delle Autorità Portuali a vent'anni dalla loro costituzione, avvenuta nel 1994. Poi, il Consiglio di Stato esprime apprezzamento sugli obiettivi della riforma, di cui mette in evidenza quattro elementi: supera il modello "obsoleto" dei porti cittadini, passando ad Autorità di Sistema; supera "l'eccessivo localismo attuale"; realizza una "maggiore interazione e integrazione con le aree logistiche del paese"; esprime "maggiore capacità di coordinamento"; semplifica e snellisce gli adempimenti amministrativi per lo svolgimento delle attività portuali.
Un altro punto positivo rilevato dal Consiglio di Stato è la "visione strategica e logica" della relazione illustrativa: "In un'era di globalizzazione delle merci, occorre rendere più agile il governo dei nostri porti e connetterli con il mondo economico e sociale, per fare del Sistema Mare il motore di uno sviluppo economico che rilanci il ruolo dell'Italia di naturale protagonista del collegamento tra Oriente ed Europa".
Inoltre, la riforma s'inquadra in quella "rinnovata visione dell'amministrazione pubblica, che il Consiglio di Stato sostiene e incoraggia", secondo cui "lo Stato è chiamato non solo a esercitare funzioni autoritative e gestionali, ma anche a promuovere crescita, sviluppo e competitività", con strumenti moderni e multidisciplinari.
Però, poi il Consiglio di Stato ritiene questa riforma "necessaria ma non sufficiente", perché il soli interventi di "riorganizzazione" del governo dei porti e di semplificazione "non sono da soli sufficienti a ridare slancio economico al settore". Per raggiungere tale obiettivo, aggiunge il Consiglio di Stato, bisogna attuare altre riforme, citando quella degli interporti. Inoltre, il Governo deve attuare provvedimenti "di formazione, di comunicazione istituzionale, di informatizzazione, di monitoraggio delle prassi, insomma di 'manutenzione' costante del funzionamento della riforma".
Altri elementi che devono accompagnare la riforma sono l'istituzione sul territorio nazionale di ambiti logistici di area vasta, che coinvolgano soggetti pubblici e privati e, in particolare, i gestori delle altre infrastrutture, ferroviarie, stradali, aeroportuali; la possibilità di estendere alle aree retroportuali i regimi fiscali e doganali applicati ai porti; l'intervento sulle regole di dragaggio.
Secondo il Consiglio di Stato, i punti di forza della riforma sono la riduzione del numero delle Autorità, una pianificazione dei porti più efficace e la creazione degli Sportelli Unici. Nello stesso tempo, bisogna evitare alcuni rischi, tra cui spiccano la duplicazione di centri decisionali, la semplificazione solo 'sulla carta', dilazioni e deroghe per spinte localistiche. Riguardo questo ultimo punto, il Consiglio di Stato non sembra apprezzare la richiesta della Conferenza Stato-Regioni di poter rinviare l'applicazione della riforma fino a 36 mesi o rendere possibile l'inserimento di un porto di interesse regionale presso un'Autorità di Sistema. "Il Consiglio di Stato raccomanda di mantenere coerente l'impianto di riforma, senza cedere a deroghe non sostenute da forti motivazioni oggettive".
L'organismo avanza altre proposte di miglioramento, come "modulare i requisiti per la scelta dei vertici delle Autorità in modo che essi siano rispondenti alle effettive esigenze di capacità e professionalità richieste dall'importanza strategica del settore". Inoltre, evidenzia il rischio che il nuovo sistema d'incompatibilità rinunci a esperienze consolidate. Un altro consiglio riguarda la separazione "più chiara" tra le attività di gestione del porto e le attività economiche, vietando in modo più esplicito il divieto per l'Autorità a svolgere operazioni economiche, anche tramite società partecipate.
Sui Tavoli di partenariato e di coordinamento nazionale, che comprendono anche gli operatori, il Consiglio di Stato chiede chiarimenti sul ruolo e sul funzionamento. Per il primo, "la 'consultazione' degli stakeholders deve essere costruita non solo come un procedimento decisionale trasparente e partecipato, ma anche in modo da trasformare gli apporti di questa partecipazione in elementi fattuali e motivazionali che rendano la decisione discrezionale una evidence-based decision, ben motivata sulla base di una istruttoria ampia e strutturata".
In pratica, il Tavolo di partenariato deve essere meglio strutturato in riferimento alla identificazione chiara e selettiva dei suoi componenti; alla scelta e alla circolazione dei documenti da discutere; alle modalità di partecipazione; al computo delle posizioni prevalenti; agli effetti sulla decisione finale. Il Tavolo di coordinamento va invece raccordato "in modo più chiaro ed efficace con il piano strategico nazionale della portualità e della logistica". Inoltre "non appare chiara la ragione che lo limita a essere un organo espressivo delle sole Autorità di Sistema portuale".
Il documento si conclude citando lo Sportello Unico Amministrativo e lo Sportello Unico Doganale e dei Controlli, considerati "strumenti utili ma da rafforzare". Il primo potrebbe essere indebolito dall'esclusione dei procedimenti amministrativi ed autorizzativi "che non riguardano le attività commerciali ed industriali in porto", mentre il secondo dal mancato raccordo con la emananda disciplina di riordino delle forze di Polizia.
PARERE CONSIGLIO DI STATO N.1142 DEL 9 MAGGIO 2016 SULLA RIFORMA DEI PORTI
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