Le sovvenzioni pubbliche concesse da alcuni Stati alle rispettive compagnie armatoriali otterranno il risultato di prolungare l'agonia di alcuni vettori, posticipando il riequilibrio di un mercato colpito da contraddistinto da eccesso di stiva e noli cronicamente bassi. Lo sostiene un'analisi della società di ricerca Alphaliner, secondo cui l'intervento della mano pubblica per evitare il fallimento di alcune compagnie di navigazione sta solo posticipando la resa dei conti nel settore.
Pochi giorni fa, il Governo di Taiwan ha annunciato di aver stanziato fondi pubblici per 1,9 miliardi di dollari per prestiti a tassi vantaggiosi riservati ai vettori marittimi nazionali (primi tra tutti Evergreen e Yang Ming) e per ridurre le tasse portuali nei maggiori scali del Paese. Questi fondi rientrano in un più ampio stanziamento da 15,7 miliardi di dollari parte di un programma di stimolo all'economia. Secondo quanto rivelato da Dynaliners, nel 2015 Italia Marittima, società con sede a Trieste controllata dal gruppo Evergreen, ha chiuso l'esercizio con un risultato netto negativo di circa 110 milioni di euro, in peggioramento rispetto all'anno precedente.
Le misure di Taiwan fanno seguito a quelle previste dal Governo sudcoreano che sta mettendo sul piatto circa 5,7 miliardi di dollari per difendere le proprie compagnie di navigazione e consentire loro di acquistare nuove navi. Sempre Alphaliner evidenzia che anche la Cina ha per lungo tempo supportato con soldi pubblici i suoi "campioni" nazionali (che nel frattempo si sono fusi): fra il 2009 e il 2015 Cosco e China Shipping hanno infatti ricevuto sotto varie forme sussidi pubblici per complessivi 1,74 miliardi di dollari.
"I Paesi asiatici non sono gli unici a sostenere con fondi pubblici le proprie compagnie di navigazione, visto che diverse nazioni europee e mediorientali hanno fatto lo stesso", sottolinea la società di ricerca inglese, spiegando che questa tendenza è giustificata dall'interesse a proteggere i propri produttori ed esportatori nazionali così come, in certi casi, i cantieri navali di casa. Insomma, storicamente lo shipping per alcuni Stati ha un'importanza primaria dal punto di vista economico e strategico e per questo va difeso, ma questa convinzione negli ultimi anni è stata messa da altri in discussione.
Va ricordato che la stessa Corea del Sud ha staccato la spina alla Hanjin Shipping, così come il fondo sovrano di Singapore (Temasek) ha ritenuto non fosse più strategico iniettare liquidità in una compagnia di navigazione che continuava a perdere soldi e ha acconsentito affinché Nol fosse ceduta alla francese Cma-Cgm. Discorso simile vale anche per Qatar, Arabia Saudita, Kuwait ed Emirati Arabi Uniti, i Paesi che hanno avuto finora in mano il controllo della compagnia di navigazione Uasc (United Arab Shipping Company) e che hanno preferito scegliere per una fusione con il vettore tedesco Hapag Lloyd, che prenderà forma nei prossimi mesi avendo appena ottenuto un ok condizionato dall'UE.
Nicola Capuzzo
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