Dopo che la gara per costruire la nuova diga foranea di Genova non ha visto alcuna offerta, l’Autorità di Sistema Portuale del Mar Ligure Occidentale annuncia una modifica al progetto, che potrebbe essere accorciato di due o trecento metri, così da ridurre i costi. Oggi il preventivo completo è di un miliardo e trecento milioni, una cifra che non attira i grandi gruppi delle costruzioni, timorosi che sia insufficiente per affrontare il continuo aumento del prezzo dei materiali ed eventuali difficoltà tecniche. A dicembre erano interessate due cordate, che però si sono fermate a causa delle conseguenze della guerra in Ucraina e della ripresa della pandemia.
In un’intervista al quotidiano Secolo XIX, il presidente dell’Autorità, Paolo Emilio Signorini, ha dichiarato che “adesso possiamo rivedere alcuni elementi del bando e tornare sul mercato”. In concreto, egli vuole “una negoziazione diretta sul mercato con chi ha partecipato alla manifestazione di interesse e anche con altri soggetti. Le imprese potranno proporre migliorie che rispettano il progetto, approvato dal Consiglio superiore dei lavori pubblici, ma consentono di risparmiare”. Il Governo ha finora stimato costi superiori, rispetto al preventivo, di 150-200 milioni.
Anche uno dei gruppi inizialmente interessati alla costruzione, WeBuilt, ha diffuso una dichiarazione. Il suo amministratore delegato Pietro Salini ha annunciato la volontà “a prestare attenzione” verso il bando, aggiungendo che la società è pronta “a supportare il commissario per definire nel modo corretto i problemi tecnici e di costi, per dare alla città un nuovo porto in temi rapidi”. Ma il fallimento della gara ha spinto alcune voci critiche sull’opera a esporsi. Tra queste c’è Pietro Spirito, ex presidente dell’Asp del Mar Tirreno Centrale, che definisce quella di Genova “una diga sbagliata” su Portnews, giornale della stessa Autorità portuale.
Spirito critica innanzitutto la strategia alla base dell’opera, ossia il rafforzamento di Genova e Trieste, mentre ne prossimo futuro la competizione “avrà il suo elemento portante nella gronda meridionale del Mediterraneo”. Inoltre, “diminuiranno i traffici transcontinentali per effetto della regionalizzazione della globalizzazione” e le autostrade del mare aumenteranno l’importanza rispetto ai container. “Seguendo la ormai consueta tradizione italica di costruzione del pensiero strategico sulla base del passato, piuttosto che su una analisi degli scenari futuri, la piattaforma concettuale della portualità nel Pnrr riflette la stagione precedente della globalizzazione. Ci arriviamo troppo tardi, e ci proiettiamo nei decenni precedenti, invece di precedere le traiettorie del cambiamento”, egli precisa.
Spirito cita anche motivi economici e tecnici, a cominciare dall’insufficienza dell’investimento e all’ottimista previsione che la diga sarà completata entro il 2026. Secondo Spirito, il costo totale “viaggia verso i due miliardi di euro e potrà essere realizzato ragionevolmente non prima del 2035”. Egli ricorda anche che a marzo il direttore tecnico si è dimesso, evidenziando “le estreme contraddizioni sugli aspetti tecnici del progetto, ma anche proponendo una soluzione meno invasiva e più efficace”.