Seppure molto lentamente, il baricentro delle rotte marittime commerciali all’interno del Mediterraneo da alcuni anni si sta spostando dallo Stretto di Gibilterra verso l’Italia, a dimostrazione di una lenta riconquista di una quota di mercato nella portualità continentale da parte del nostro Paese. Lo sostiene Massimo Deandreis, direttore del centro studi Srm, che in occasione della recente presentazione del Rapporto 2020 Italian Maritime Economy ha proiettato una slide spiegando “Diversi segnali che provengono dalla tipologia e frequenza delle rotte marittime ci dicono che è in fase di accelerazione un processo di regionalizzazione del commercio mondiale che probabilmente tocca anche le catene del valore e le supply chain. Ciò che – con una battuta – potrebbe essere definito un processo di regionalizzazione della globalizzazione. Lo vediamo dal numero crescente di passaggi di navi all’interno di rotte regionali (America, Europa-Mediterraneo, Asia) e la diminuzione dei passaggi su rotte globali”.
Deandreis ha aggiunto: “Questo processo ci porta al Mediterraneo, anch’esso interessato da tale fenomeno. L’analisi satellitare di tutti i passaggi di navi portacontainer, considerando il porto di partenza e di destinazione finale, ci ha consentito di calcolare il baricentro medio. Tanto più le navi partono da lontano (Asia) e hanno come destinazione finale un porto del Nord Europa o della costa Atlantica tanto più il baricentro è spostato verso Gibilterra. Viceversa, porti di partenza meno lontani o porti di destinazione più vicini all’area Mediterranea portano il baricentro maggiormente al centro. È questo il fenomeno che abbiamo osservato dal 2012 a oggi: uno spostamento del punto di massima concentrazione dei passaggi più vicino al cuore del Mediterraneo e al nostro Paese”.
Deandreis ha precisato che si tratta solo di un esercizio statistico e grafico ma “serve a intercettare un fenomeno importante e a comprendere che l’Italia ha (e mantiene) un posizionamento geografico di vantaggio nel cuore del Mediterraneo che resta lo snodo centrale sia dei traffici regionali che di quelli globali”. Perché allora l’Italia non riesce ancora oggi a cogliere appieno i vantaggi che la sua posizione geografica gli garantirebbe? Il direttore di Srm spiega: “Il nostro punto debole principale è quello della logistica. I modelli più efficienti di portualità (da Rotterdam a Amburgo) hanno ormai adottato un paradigma che si basa su un concetto semplice: l’efficienza di un porto non è data solo dai servizi di carico e scarico. Conta che la merce (così come i passeggeri) una volta scesi in banchina possano muoversi rapidamente e interconnettersi con gli altri sistemi di trasporto. L’intermodalità, il collegamento con la ferrovia e la sua efficienza, la capacità di trasformare l’area retroportuale in poli di innovazione e attrazione di investimenti, l’attenzione ai temi della tecnologia e della sostenibilità, sono questi gli elementi che rendono oggi un porto davvero competitivo”.
Nicola Capuzzo