La politica cinese di chiudere le città dopo i primi casi di Covid-19 comincia a colpire anche il porto di Shanghai, alla terza settimana di confinamento della città. Nella prima fase, il provvedimento ha cercato di non influire sulle attività dello scalo, che è il più grande del mondo nella movimentazione di container e il più importante della Cina per le esportazioni, ma ora il rallentamento è inevitabile perché non interessa tanto le banchine, quanto la logistica a terra e l’attività produttiva.
I primi allarmi arrivano dalle compagnie di navigazione, che stanno evidenziando problemi nel trasporto terrestre di container. Secondo Cma Cgm, il rallentamento dell’autotrasporto – causato da lunghi tempi di attesa dei camion al carico - sta riducendo lo smaltimento dei container sbarcati, causando a sua volta un intasamento dell’intera filiera. Il porto avrebbe anche esaurito gli spazi dedicati ai container refrigerati e a quelli carichi di materie pericolose.
Questa situazione sta spingendo i vettori marittimi a deviare le portacontainer in altri scali. Maersk lo ha già annunciato per la seconda settimana di marzo 2022. Le conseguenze globali potranno essere ulteriori ritardi negli arrivi e un aumento dei noli container. Neppure il dirottamento su altri porti non sarebbe una soluzione, perché il confinamento potrebbe dilagare. Già ventritrè città cinesi hanno attivato un confinamento totale o parziale e a Guangzhou, altra importante città portuale, sono iniziati i test di massa sulla diffusione del coronavirus.