I contrasti all'interno del trasporto marittimo italiano riguardano in primo luogo lo stesso ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, perché nei giorni precedenti alla formazione del Governo l'ennesima spaccatura riguardava l'eventuale creazione di un ministero del Mare: la Federazione del Mare (che raccoglie sedici sigle, tra cui Confitarma), Assologistica e Alis ne hanno chiesto a gran voce l'istituzione (o meglio, la rinascita, perché il ministero della Marina Mercantile operò in diverse forme dalla nascita del Regno d'Italia fino al 1993, quando venne integrato nel ministero dei Trasporti e della Navigazione), mentre Conftrasporto e Confetra lo ritengono un errore, perché bisogna piuttosto integrare meglio mare e terra.
Se, almeno fino al prossimo Governo, questa polemica è sopita con il mantenimento di un ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti inalterato nella sua struttura, le battaglie navali restano sempre all'ordine del giorno. Cominciando con quelle tra i singoli armatori nel comparto delle autostrade del mare, dove la causa fondamentale sta nelle modalità di erogazione del marebonus e della tonnage tax. I duellanti sono Grimaldi e Onorato, che hanno portato sui rispettivi fronti anche associazioni esistenti o di nuova costituzione. Questo conflitto nasce sul mare, come dura concorrenza sulle rotte per Sardegna e Sicilia, prosegue sulle banchine portuali e raggiunge le stanze della politica, fino a bagnare i piedi del ministro dei Trasporti.
Le palle di cannone volano anche tra i velieri delle due confederazioni che rappresentano gli armatori: la storica Confitarma e la neonata AssArmatori. Sui due fronti ritroviamo, contrapposti, Grimaldi e Onorato, ma la frattura ha diviso l'intero panorama armatoriale italiano. Il nuovo ministro dovrà quindi confrontarsi con due realtà che rappresentano entrambe alcuni "pesi massimi" del trasporto marittimo. A complicare la questione sul fronte associativo tornano le crepe all'interno di Assoporti, l'associazione della Autorità di Sistema Portuale, che riguardano l'applicazione della recente riforma.
La terza battaglia navale si svolge tra sindacati e armatori sulla delicata questione dell'autoproduzione, ossia della possibilità di far svolgere attività di carico e scarico (soprattutto il rizzaggio nei traghetti) dagli equipaggi delle navi, invece in modo esclusivo dai lavoratori portuali. Una vertenza
calda, che ha già causato uno sciopero nazionale di 24 ore l'11 maggio scorso, proclamato dai sindacati confederali. Entrambi i fronti rivendicano la legittimità della loro posizione e sarà quindi importante un intervento politico. Un altro tema della vertenza è la sicurezza in banchina e anche in questo caso i sindacati chiedono un intervento del Governo.
Infine, c'è il fascicolo dei singoli porti, che stanno affrontando crisi di diversa natura. Gli scali di transhipment container soffrono di mancanza di lavoro, a causa della concorrenza delle banchine più economiche dell'Africa settentrionale e perfino di quella dei porti gateway, che stanno accogliendo portacontainer sempre più grandi. Questi ultimi, viceversa, mostrano seri problemi legati all'incremento di movimentazione in banchina, non solo di container ma anche di rotabili. Una situazione che sta creando conflitti con l'autotrasporto, che sconta lunghe attese per carico e scarico e code per entrare o uscire dai porti. Il rischio è una perdita di competitività a livello nazionale proprio quando gli scali italiani sembrano trovare un ruolo centrale nel trasporto europeo.
Il ministro dovrà affrontare anche una questione internazionale, sorta dalla decisione della Commissione Europea, tramite la DG Competition, di chiedere all'Italia di sottoporre a imposizione fiscale i canoni per le concessioni portuali, perché le Autorità di Sistema Portuale sono organismi interessati in attività economiche e l'attuale esenzione è una elemento che distorce la concorrenza. Se l'Italia non attuerà questo provvedimento, la Commissione avvierà un'azione per aiuti di Stato. L'intera filiera marittima pare d'accordo nell'opporsi all'imposizione fiscale, vista come un favore verso i porti del Nord Europa e chiede quindi al Governo di portare questa battaglia a Bruxelles.
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