La propulsione elettrica abbinata all’energia nucleare è presente negli oceani da decenni in ambito militare, soprattutto nei sommergibili, nelle portaerei e negli incrociatori. Esistono anche applicazioni civili, seppure rare: se ne contano tredici, di cui nove rompighiaccio russi. Nel trasporto delle merci sono stati tentate tre esperienze, due negli anni Sessanta in Germania e Stati Uniti e una negli anni Ottanta in Russia. Quest’ultima è l’unica rimasta operativa: la portacontainer Sevmorput, entrata in servizio nel 1988 per operare sulla rotta nordica tra Murmansk e Dudinka e per tale motivo ha uno scafo rompighiaccio.
La statunitense Savannah varata nel 1962 è stata posta fuori servizio dieci anni dopo. In realtà, non aveva scopi operativi, bensì politici. Venne infatti voluta nel 1955 dal presidente Eisenhower per dimostrare che l’energia nucleare poteva avere diversi scopi pacifici e aveva anche spazi per cento passeggeri. Venne dismessa proprio per le sue scarse capacità di trasporto e per gli elevati costi di gestione. Dopo la rimozione dei due reattori, la nave sta aspettando un museo che voglia ospitarla.
Ci riprovarono i tedeschi col varo nel 1963 della Otto Hahn, che prese il nome del premio Nobel che scopri la fissione dell’uranio nel 1938. La nave cominciò a trasportare merci nel 1968 e anche in questo caso fu operativa solo per un decennio con il reattore nucleare, che nel 1979 venne sostituito con un tradizionale diesel. Dopo alcuni cambi di armatore e di nome (e una trasformazione in portacontainer), la Otto Hahn venne demolita ad Alang, in India, nel 2009.
Oggi si torna a parlare di nucleare sui mercantili come alternativa alla propulsione diesel. La società britannica Core Power, specializzata nella progettazione marittima, sta sviluppando il progetto di un cargo a propulsione elettrica alimentata da un reattore nucleare di quarta generazione, ossia del tipo modulare a sali fusi (Msr). Operando a temperatura più alte, questi reattori sono più efficienti di quelli precedenti, mentre le pressioni operative più basse garantirebbero una maggiore sicurezza. Questi reattori sarebbero anche più economici perché oltre all'uranio possono usare anche torio fertile e prodotti transuranici, alcuni dei quali presenti nel combustibile nucleare esausto delle centrali elettriche. Ci sono però elevati costi nella manutenzione.
Attualmente non esistono applicazioni dei reattori nucleari a sali fusi, anche se ci stanno lavorando istituti di ricerca e imprese di diversi Paesi, tra cui Cina, Stati Uniti, Corea del Sud, Canada e, appunto, Gran Bretagna. Core Power dichiara che nel 2025 potrebbe avere il primo prototipo di nave con questo tipo di reattore. Lo ha detto il Chief Technical Officer Giulio Gennaro intervenendo al forum “I nuovi orizzonti delle energie. Lo shipping e l'esigenza di adeguarsi allo scenario internazionale”, che si è svolto il 9 giugno 2022.
Secondo Core Power, il suo reattore marittimo a cloruro fuso, denominato m-Msr, non necessiterebbe di rifornimenti durante la sua vita operativa. Si potrà installare anche su navi che oggi hanno la propulsione diesel. Le grandi navi oceaniche potrebbero montare il reattore a bordo, mentre quelle più piccole potrebbero usare come vettori energetici idrogeno o ammoniaca prodotti da reattori terrestri o galleggianti.