Doveva essere il piano di salvataggio della Compagnia Italiana di Navigazione, la società del Gruppo Onorato che controlla Tirrenia, ma si sta rivelando l’anticamera del fallimento. Il rischio è apparso il 15 aprile 2021, quando la Procura di Milano ha dichiarato inammissibile la richiesta di concordato in bianco presentata a luglio 2020 perché alla scadenza non ha ancora presentato una proposta di concordato preventivo o di omologa dell'accordo di ristrutturazione del debito, malgrado alcune proroghe concesse. Così, nell’udienza di oggi il collegio della Sezione Fallimentare presieduto da Alida Paluchowski ha respinto un'ulteriore richiesta di proroga avanzata dai legali di Cin e quindi la decadenza della protezione del concordato in bianco.
Quindi, il pubblico ministero Roberto Fontana ha presentato la richiesta di fallimento, ma Cin ha ancora qualche giorno per presentare un nuovo concordato preventivo o un accordo di ristrutturazione. Il termine ultimo è il 6 maggio, quando il Tribunale deciderà sul fallimento e di amministrazione straordinaria. Con un ulteriore rischio, quello dell’apertura di un’inchiesta per bancarotta.
Alla base della richiesta di fallimento c’è il debito scaduto di circa quattrocento milioni di euro, cui si aggiunge un passivo di duecento milioni. Una parte consistente del debito, pari a circa 180 milioni, deriva dall’acquisizione dallo Stato della Tirrenia perché Cin non ha ancora saldato tale somma. E proprio l’intransigenza dei commissari della “vecchia” Tirrenia è uno degli scogli su cui si scontra il salvataggio della Tirrenia.
Ma la tempesta giudiziaria per il Gruppo Onorato non potrebbe fermarsi qua. Infatti, il Tribunale di Milano ha avviato un’inchiesta conoscitiva sulle spese di Moby emerse dopo che la compagnia ha presentato il 30 marzo 2021 il piano di concordato in continuità. Dall’analisi della relazione tecnica allegata al concordato, i magistrati milanesi hanno sottolineato alcuni trasferimenti di denaro avvenuti dal 2015 al 2020 a partiti politici, influencer e lobbisti e spese per regali e noleggio di auto di lusso.
Nell’elenco ci sono anche i nomi di Beppe Grillo (che avrebbe ricevuto 200mila euro), della Casaleggio Associati (60mila euro), della Fondazione Open di Matteo Renzi (200mila euro), il Comitato Change legato a Giovanni Toti (100mila euro), del Partito Democratico (90mila euro) e di Fratelli d’Italia (10mila euro). Tra le spese che non sono direttamente correlate alla gestione del trasporto, i magistrati italiani hanno evidenziato quattro milioni e mezzo di euro per ristrutturare una villa in Costa Smeralda usata per “rappresentanza aziendale”, l’acquisto si alcuni appartamenti a Milano concessi in uso a rappresentanti del Consiglio di amministrazione, il noleggio di aerei e di autovetture Aston Martin, Rolls Royce, Mercedes e Maserati.
Il piano di Moby prevede la vendita di asset aziendali, ma la società afferma in una nota che manterrà i posti di lavoro e le rotte attualmente servite, grazie anche ai due ro-ro che sono in fase di costruzione, che avranno capacità di 3750 metri lineari.