Se non ci sarà una significativa evoluzione della trattativa tra il sindacato International Longshoremen's Association e l’associazione delle imprese United States Maritime Alliance, il primo ottobre 2024 migliaia di lavoratori dei porti della costa orientale e del Golfo degli Stati Uniti inizieranno uno sciopero a oltranza. Gli scali interessati muovono circa il sessanta percento del traffico marittimo statunitense e la metà dei container, con un impatto sull’economica che JPMorgan prevede di cinque miliardi di dollari al giorno.
Al momento le trattative tra le parti sono interrotte da giugno, quindi aumentano le probabilità dello sciopero, mentre il presidente Biden non intende intervenire con provvedimenti che costringano i lavoratori a non iniziare o sospendere la protesta (che avviene in piena campagna elettorale) tramite il Taft-Hartley Act, come stanno chiedendo alcune associazioni imprenditoriali. Quindi l’intero sistema logistico statunitense sta preparandosi all’impatto dello sciopero, anticipando gli ordini o reindirizzando le spedizioni verso i porti della costa occidentale (almeno fino a quando sarà possibile farlo).
I principali terminal container hanno già esteso gli orari di apertura, mentre i trasportatori della filiera stanno fissando le scadenze per ritiri e consegne per evitare l’accumulo dei contenitori (soprattutto refrigerati) nei piazzali. Si registra anche un aumento dei noli da ottobre per i container della costa orientale e del Golfo con valori da 400 a 3.000 dollari per feu. E a proposito di costi, la Federal Maritime Commission ha ammonito vettori e operatori di non caricare le fatture con extracosti impropri sullo stoccaggio (detenzione e controstallia), come avvenne durante la pandemia.
Molti danno ormai per scontato che lo sciopero ci sarà, ma resta l’incognita della sua durata. Se sarà breve le misure preventive potranno mitigare i danni (grazie anche all’esperienza maturata durante la Covid), ma se dovesse durare più settimane la congestione coinvolgerà non solo i porti statunitensi esclusi dalla protesta, ma anche quelli di partenza e destinazione dei container e in primo luogo gli asiatici, con ripercussioni anche in Europa.
I lavoratori chiedono significativi aumenti salariali, ma anche misure contro l’avanzata dell’automazione nei porti, fino ad arrivare ad escludere una completa gestione automatica delle gru, della movimentazione a terra e degli accessi ai terminal.