Il 4 giugno 2020 una tempesta è calata sul porto di Trieste e ha travolto il presidente dell’Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Orientale, Zeno D’Agostino al quinto anno della sua carica (che scadrà a novembre). L'evento è stato scatenato dall’Autorità Nazionale Anticorruzione che ha lo dichiarato decaduto per una presunta incompatibilità. Secondo l’Anac, quando D’Agostino venne nominato alla presidenza dell’Asp era presidente della società Trieste Terminal Passeggeri di Trieste, di cui l’Autorità portuale detiene il 40%. La decisione è stata presa dall’Anac il 16 marzo 2020, ma è stata notificata il 4 giugno.
Questa tempesta decapita il porto di Trieste in una fase di crescita attivata proprio da D’Agostino e non compromette solo le scelte future del porto, ma anche quelle passate. Infatti la decisione è retroattiva e in teoria annulla i provvedimenti firmati dal presidente dell’Asp da quando ha assunto la carica, quindi quelli degli ultimi quattro anni e mezzo. Un groviglio istituzionale che il ministero dei Trasporti dovrà in qualche modo sciogliere con qualche provvedimento.
Prima di essere nominato presidente dell’Autorità Portuale dall’allora ministro dei Trasporti Graziano Delrio, Zeno D’Agostino ne era stato commissario da febbraio 2015 e da allora ha sempre mantenuto il timone del porto giuliano. Il provvedimento dell’Anac non appare solamente tardivo (è assurdo stabilire l’illegittimità di una nomina dopo quattro anni con la retroattività) ma anche puramente formale. Infatti D’Agostino non aveva alcun potere gestionale nel Terminal Passeggeri, che era governato da due amministratori delegati.
D’Agostino ha subito annunciato un ricorso al Tar contro il provvedimento dell’Anac, con la richiesta della sospensiva immediata, che sarà presentato l’8 giugno. Anche il ministero dei Trasporti intende ricorrere al Tribunale Amministrativo, secondo quanto dichiarato dal Prefetto di Trieste. Nel tardo pomeriggio del 5 giugno un centinaio di lavoratori del porto ha protestato contro la destituzione di D’Agostino, che compromette gli accordi sull’occupazione firmati negli ultimi quattro anni.