Si è concluso oggi il blitz avviato da alcuni Fondi contro Moby: i giudici milanesi hanno respinto la loro richiesta di fallimento presentata nei giorni scorsi contro la compagnia marittima, accogliendo le richieste dei difensori del Gruppo Onorato, condannando i ricorrenti alle spese giudiziarie. In una nota, Moby dichiara di stare valutando "la proposizione di un'azione giudiziaria nei confronti di Sound Point e degli altri Fondi speculativi ricorrenti per ottenere il risarcimento dei danni causati dalla loro azione". L'abbordaggio giudiziario degli hedge founds è partito dalla previsione che nel febbraio del 2020 Moby non potrà pagare la cedola su un bond da 300 milioni di euro, anche se finora la compagnia marittima ha sempre pagato le rate nei tempi previsti. Quindi, la richiesta al Tribunale non riguarda una situazione presente d'insolvenza ma una previsione per il prossimo futuro. Una motivazione che non ha convinto il giudici.
Nella motivazione del Decreto di oggi si legge che al momento Moby non ha "alcuna esposizione tributaria o previdenziale", opera "regolarmente" e non è oggetto "di iniziative esecutive, o monitorie, è in grado di fornire i servizi che vende, non è inadempiente nei confronti dei ricorrenti che hanno un credito che scadrà definitivamente nel 2023, quindi tra circa quattro anni ed hanno sino ad ora incassato regolarmente le cedole". Per il Tribunale non ci sono neppure segnali d'insolvenza prospettica. Per ora, quindi, la Sezione Fallimentare di Milano concede credito alla compagnia, basandosi anche sull'atteggiamento delle banche che "hanno ancora fiducia nella capacità della società di ripianare i debiti" e nello stesso tempo dimostrano di essere soddisfatte "anche col ricavato della liquidazione di due navi di pregio della flotta Moby a patto di assorbire l'80% del ricavato".
Nello stesso tempo, i giudici ammoniscono che "il Gruppo, e non solo la Moby, avrebbe necessità di monitoraggio e di ricorrere a strumenti di superamento di una crisi che in prospettiva ha caratteristiche importanti e che potrebbero divenire molto gravi. I margini operativi nascenti dal core business della società tendono a ridursi costantemente e non potendo alzare di più le tariffe, la società sino ad ora ha provveduto a vendere alcuni tra i migliori natanti, per contrastare la carenza di liquidità conseguente e far fronte alle rate del prestito bancario del 2016". Sulla vendita di due navi – che è stata una delle motivazioni dei Fondi per presumere la prossima insolvenza - i giudici sottolineano che se questa strategia sarà attuata anche in futuro ciò non mostrerà "particolare attenzione alla continuità aziendale e nemmeno immaginazione, oltre a sostenere concettualmente i timori dei bondholders che, per quando i loro crediti scadranno nel 2023, nulla più li garantirà né consentirà l'adempimento".
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