La sentenza emessa lo scorso venerdì dal giudice statunitense John Sherwood – che ha accolto la domanda di protezione Chapter 15 - ha rassicurato gli spedizionieri e l'intera catena logistica del Nord America perché ha avviato lo scarico di migliaia di container bloccati nelle portacontainer di Hanjin Shipping che non potevano entrare nei porti per il timore che la compagnia, che ha chiesto l'amministrazione controllata, non riuscisse a pagare tasse portuali e servizi. Le prime portacontainer ad approdare negli scali statunitensi sono Hanjin Boston, Hanjin Jungil, Hanjin Greece e Hanjin Gdynia.
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Ma la sentenza non basta, ci vogliono anche le risorse per pagare tasse e servizi. Il principale azionista di Hanjin Shipping, la compagnia aerea sud-coreana Korean Air ha stanziato 55 milioni di dollari per pagare queste fatture. Oggi, l'ex presidente di Hanjin Shipping, Choi Eun-young, ha annunciato altri nove milioni di dollari. Inoltre, il Governo sud-coreano ha annunciato che collaborerà con il Tribunale per affrontare la crisi. Ricordiamo che in Italia la situazione si sta sbloccando grazie a una fidejussione attivata da Fedespedi.
Sul versante operativo si sta muovendo la seconda compagnia marittima container del Sud-Corea, Hyundai Merchant Marine, che ha annunciato l'inserimento di nove portacontainer sulle rotte tra Asia ed Europa e quattro per gli Stati Uniti, oltre a formare l'alleanza Mini Alliance con altre tre compagnie minori per servire le rotte del Sud-Est asiatico. Ma la crisi non è ancora superata, perché le risorse finora disponibili non bastano per pagare tutti i costi delle navi ferme davanti ai porti o in navigazione. Per esempio, le portacontainer che devono scaricare nei porti della costa orientale degli Usa e che devono ancora attraversare il Canale di Panama, con un costo di centinaia di migliaia di dollari per nave. Si stima che le navi Hanjin hanno nelle stive circa 400mila teu che contengono merci per 14 miliardi di dollari.
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