La reazione è iniziata poche ore dopo la diffusione della nota con cui la Commissione Europea annunciava la richiesta all’Italia di far pagare dal 1° gennaio 2020 le imposte alle Autorità di Sistema Portuale per le attività che non rientrano nei servizi pubblici. Hanno reagito le associazioni delle imprese e i sindacati dei portuali, uniti contro la richiesta di Bruxelles. Il presidente di Confetra, Guido Nicolini, afferma che le Asp non si possono tassare perché non svolgono attività d’impresa: “Sono Pubbliche Amministrazioni centrali dello Stato, nella legislazione italiana, e conservano il profilo giuridico di istituzioni puramente regolatorie. Non svolgono attività di impresa e non si capisce quali sarebbero gli utili che esse maturano riscuotendo canoni demaniali o altre imposte legate ai traffici marittimi per conto dello Stato e che per buona parte confluiscono nella fiscalità generale”.
Nicolini ricorda che il Parlamento italiano si è espresso più volte in tale direzione e confida che”il Governo sappia far valere a Bruxelles le proprie ragioni”. Il presidente di Confetra conclude dichiarando che “sarebbe interessante chieder conto alla Commissione, invece, delle distorsioni alla concorrenza tra scali di diversi Paesi, dovute ad attuazioni non omogenee di norme e procedure tra le diverse Dogane”.
Anche le tre federazioni di Conftrasporto che raccolgono gli operatori interessati al trasporto marittimo (Federagenti, Federlogistica e Assarmatori) hanno espresso la loro opposizione all’imposizione fiscale sulle Asp. Gian Enzo Duci, Presidente di Federagenti, afferma che “è un intervento che temevamo e su cui avevamo già espresso il timore che l’Unione potesse usare ‘occhiali nordeuropei per leggere il sistema portuale italiano”. Stefano Messina, presidente di Assarmatori, aggiunge che “un conto è adempiere a un obbligo di armonizzazione europea, che non crediamo possa discutersi, un altro è creare un ostacolo alla già difficile attività delle nostre Autorità di Sistema Portuale”.
Luigi Merlo, presidente di Federlogistica, precisa che “imporre sulle Autorità portuali forme di tassazione analoghe a quelli delle società private senza entrare nel dettaglio delle attività regolate, significherebbe distruggere l’intero sistema sul quale si regge la portualità italiana. Il rischio è quello di imporre extracosti che si ripercuoterebbero sull’efficienza del sistema e anche sulle società concessionarie”. I tre presidenti stanno presentando al Governo un dossier dettagliato.
I sindacati Filt Cgil, Fit Cisl e Uiltrasporti chiedono al Governo, se fosse necessario, di ricorrere anche alla Corte di Giustizia Europea contro il provvedimento della Commissione Europea perché “il nostro sistema è sano e trasparente, non si configura alcuna concorrenza sleale e merita il giusto e dovuto rispetto". Le sigle sono preoccupate per la tenuta del sistema portuale e accusano la politica di non essere impegnata per “difendere le sostanziali differenze tra i nostri porti e quelli degli altri paesi UE".
Anche i sindacati contestano l’equiparazione delle Autorità portuali a imprese, essendo enti pubblici non economici. Le Asp, precisano le tre sigle, hanno una funzione “assolutamente rivolta al funzionamento dell'ente pubblico e allo svolgimento delle sue funzioni pubblicistiche che non perseguono fini di lucro” e “svolgono funzioni di affidamento e controllo delle attività finalizzate alla fornitura a titolo oneroso agli utenti portuali di servizi di interesse generale con precisi compiti di indirizzo, programmazione, coordinamento, promozione e controllo delle operazioni portuali".
I sindacati aggiungono che si opporranno “con determinazione” alla trasformazione delle Autorità di Sistema Portuale in società per azioni. Esse “devono restare pubbliche a difesa dell'interesse generale affinché i nostri porti possano davvero continuare ad essere asset strategico per il Paese e la stessa Europa".