Si scalda il fronte del porto per il rinnovo del Ccnl Porti, dopo l'interruzione delle trattative avvenuta il 12 aprile e il successivo stallo. Ora le posizioni dei sindacati e delle associazioni datoriali appaiono inconciliabili e Filt Cgil, Fit Cisl e Uiltrasporti hanno deciso di dare una spinta alla trattativa indicendo uno sciopero di 24 ore per giovedì 23 maggio. L'astensione dal lavoro riguarderà tutti i lavoratori degli organici portuali, i dipendenti delle Autorità di Sistema Portuali e delle imprese ex articoli 16, 17, 18 della Legge 84 del 1994. Le modalità di attuazione saranno articolate nei singoli scali sulla base delle varie organizzazioni del lavoro. Prima della giornata di sciopero, i sindacati organizzeranno assemblee, che potrebbero creare disagi all'attività portuale, e durante il 23 maggio organizzeranno presidi davanti alle sedi delle Autorità portuali.
In un comunicato congiunto, i sindacati confederali segnalano il "mutamento genetico" che sta avvenendo nei porti dopo il lungo periodo di stabilità sociale raggiunto con la riforma del 1994 e con il contratto nazionale. Tale mutamento "fa registrare un deciso condizionamento anche sul tavolo contrattuale, attraverso l'ampia partecipazione delle compagnie di navigazione e di fondi finanziari nelle mappe degli assetti societari in molti porti italiani". Tale strategia vuole ridurre i costi lungo la filiera del trasporto "a spese dei lavoratori dei porti e delle condizioni di lavoro e di sicurezza", con il "silenzio assenso del Governo e del ministero competente che, oltre ad eludere ogni richiesta di confronto delle organizzazioni sindacali, sembra perseguire obiettivi disarticolati e dettati più da una strategia rivolta a destrutturare il sistema di regole in essere".
Questa situazione, conclude il documento porta a trascurare "i molti problemi che vanno periodicamente ad incrementarsi a causa di una gestione contraria alla logica di sistema Paese, quindi contraria a perseguire l'interesse generale, adottata da molti Presidenti di AdSP, ancora riluttanti a svolgere il loro ruolo di garanti del funzionamento e la redditività delle infrastrutture pubbliche secondo la normativa vigente rinnovata nel 2017".
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