Il 3 ottobre 2024 lo sciopero dei portuali è entrato nel terzo giorno, con un’adesione che appare molto alta e sembra coinvolgere la gran parte dei 45mila iscritti al sindacato che lo ha promosso, l’International Longshoremen's Association. La sigla ha proclamato il fermo a oltranza e non si vedono spiragli per una soluzione: le trattative con l'associazione imprenditoriale United States Maritime Alliance restano in stallo, mentre il presidente Biden si rifiuta di applicare i suoi poteri per costringere i portuali a tornare al lavoro.
Appaiono le prime conseguenze nei trentasei terminal di quattordici porti della costa orientale e del Golfo coinvolti: ci sarebbero già 45 portacontainer ancorate a largo di questi scali e si prevede che entro la prossima settimana questo numero potrà raddoppiare, creando un’onda di ritardi che si ripercuoterà per settimane. Si cominciano a valutare anche i danni economici e Anderson Economic Group stima un impatto di 2,1 miliardi di dollari solo nella prima settimana.
I porti interessati dallo sciopero muovono merci per oltre due miliardi di dollari al giorno e il loro fermo si ripercuoterà sull’intero commercio globale. All’interno degli Stati Uniti, se lo sciopero proseguirà si prevede un possibile aumento dei prezzi e carenze di beni essenziali. Un’altra conseguenza già apparsa è l’aumento dei noli marittimi e le principali compagnie container hanno annunciato uno specifico sovrapprezzo.
Visto lo stallo nella trattativa, 272 associazioni imprenditoriali statunitensi hanno chiesto un intervento del presidente Biden, che per ora si limita a mantenere rapporti con entrambe le parti per facilitare il dialogo senza essere costretta a usare poteri presidenziali per fermare lo sciopero. Il presidente ha però ricordato che i vettori oceanici hanno accumulato enormi profitti, quindi ritiene legittime le rivendicazioni salariali dei lavoratori. In tutti i casi, gli analisti prevedono che questa protesta avrà conseguenze sulle elezioni di novembre.
Biden ha anche ammonito i vettori da approfittare anche delle conseguenze del devastante uragano Helene, che ha causato gravi danni non solo ai porti, alcuni dei quali hanno chiuso durante il suo passaggio, ma anche alle infrastrutture stradali. Solo questo uragano richiederà settimane per ripristinare la normalità delle operazioni, indipendentemente dallo sciopero. Comunque, la portavoce della Casa Bianca, Karine Jean-Pierre, ha dichiarato che la protesta non sta ancora ostacolando gli sforzi di soccorso e recupero correlati all'uragano perché le scorte di emergenza erano state allocate prima del suo arrivo.
Anche la popolazione sta cominciando a reagire allo sciopero e sui social network sono già apparse scene di acquisti di massa di generi alimentari, acqua e carta igienica in numerosi supermercati degli Stati Uniti. Oltre che la filiera della logistica e l’industria sono molto preoccupati anche gli agricoltori, che muovono via mare il 75% delle esportazioni. Si prevede che l'interruzione del commercio agricolo complessivo ammonterà a circa 1,4 miliardi di dollari ogni settimana in cui è in atto uno sciopero.
Gli analisti pongono in una settimana il limite di sostenibilità dello sciopero. Se resterà entro questo limite si potrà smaltire l’accumulo del lavoro in qualche giorno, grazie anche agli straordinari, ma se proseguirà l’ondata della congestione potrà colpire anche Asia ed Europa, con tempi di recupero molto più lunghi, anche perché i container cominceranno ad accumularsi anche nei porti asiatici ed europei.
E di conseguenze dello sciopero statunitense s’inizia a parlare anche in Italia, tenendo conto che gli Stati Uniti sono il principale partner commerciale extra-europeo. Le prime preoccupazioni vengono da Giampaolo Botta, direttore generale di Spediporto, che ricorda che il solo porto di Genova ha mosso 336mila container nel 2022 da e per la costa orientale degli Stati Uniti.