Intorno alle sei del mattino del 24 maggio 2020, la portacontainer Apl England (nave da 5500 teu che batte bandiera di Singapore) ha subito una temporanea perdita di propulsione durante la navigazione tra il porto cinese di Ningbo Cina e quello australiano di Melbourne, mentre si trovava in condizioni di mare molto mosso a circa 73 chilometri a largo di Sidney. Nel pochi minuti di mancanza di propulsione, la nave è rimasta in balia delle onde e ha perso in mare quaranta container, mentre altri 74 sono stati danneggiati. Quando il comandante ha ripreso il controllo della portacontainer, ha preso la rotta del porto di Brisbane.
La mattina 26 maggio, alcuni funzionari dell’Australian Maritime Safety Authority hanno avviato un’indagine con un’ispezione sulla portacontainer mentre era ancora in navigazione, proseguita poi quando la nave è approdata nel porto australiano il 27 maggio. Innanzitutto gli ispettori hanno verificato che nei container caduti in mare non ci fossero merci pericolose, poi che tutti i contenitori siano stati caricati in sicurezza.
L’inchiesta dell’Amsa è avvenuta su due fronti: la conformità alle norme della sicurezza australiane e internazionali e a quelle di protezione ambientali. Già il 28 maggio l’Autorità australiana dichiarò che “le ispezioni della nave hanno evidenziato l'inadeguatezza delle disposizioni di fissaggio del carico e la presenza di punti di fissaggio fortemente corrosi per i container sul ponte”, rilevando una “chiara violazione dei requisiti della Convenzione internazionale per la salvaguardia della vita umana in mare (Solas)”.
Nel frattempo sono continuate le ricerche, tramite un aereo dell’Amsa, dei container caduti in mare, molti dei quali galleggiavano semi-sommersi. È importante recuperarli sia per evitare l’inquinamento del mare, sia per prevenire collisioni di imbarcazioni. Il 30 maggio, l’Autorità ha mosso le prime accuse al comandante dell’Apl England per inquinamento e dell’ambiente marino australiano, spiegando che “questo e altri incidenti ci ricordano l'importante ruolo che il comandante della nave ha nel garantire che le navi che solcano le nostre acque siano gestite in modo sicuro e non danneggino l'ambiente marino”.
Comunicando lo stato d’accusa del comandante, l’Amsa ha aggiunto che tale azione “non deve sminuire la responsabilità dell'armatore Apl Singapore, dell'assicuratore Apl Singapore, dell'assicuratore Steamship Mutual e dell'operatore Anl, che rimangono responsabili della riparazione di eventuali impatti di questo incidente”. Inoltre, ha precisato che la nave resterà ferma a Brisbane fino a quando l’armatore non sistemerà le carenze rilevate a bordo.
Il 1° giugno il comandante dell’Apl England è comparso davanti al giudice per rispondere a due accuse, dichiarando di non poter garantire che la nave fosse gestita in modo da prevenire l’inquinamento dell’ambiente marino. Quindi la causa è stata rinviata al 12 giugno. Sul versante civile, l’Amsa ha chiesto una cauzione agli assicuratori per liberare le nave di 22 milioni di dollari australiani, per coprire le spese di recupero dei container e di bonifica del mare e delle coste.
L’autorità ha anche comunicato che questa non è la prima perdita di container in acque australiane dell’Apl England, che nell’agosto del 2016 perse 37 container nella Great Australian Bight, al comando di un altro ufficiale. “Questo è un altro esempio della necessità per gli equipaggi e gli operatori di garantire il trasporto del carico e l'operatività delle navi, per prevenire questo tipo di inquinamento dell'ambiente marino”, conclude l’Autorità australiana.