Un importante passo in avanti è stato raggiunto l’8 gennaio 2025 per evitare lo sciopero dei lavoratori dei porti della costa orientale degli Stati Uniti, proclamato dal sindacato International Longshoremen's Association dal 15 gennaio per limitare l’automazione sulle banchine, nell'ambito del rinnovo contrattuale. Il sindacato ha firmato con l’associazione imprenditoriale United States Maritime Alliance un accordo provvisorio per un rinnovo di sei anni, che dovrà essere approvato dagli iscritti nei prossimi giorni.
Le parti non hanno ancora reso pubblici i termini dell’accordo. Secondo fonti di stampa statunitensi, l’accordo confermerebbe una precedente intesa sulle retribuzioni, sottoscritta a ottobre 2024, che prevede aumenti fino al 62% in sei anni. In una dichiarazione congiunta tra il sindacato e l’associazione, emerge che il testo include anche la protezione degli attuali posti di lavoro e norme sull’integrazione nei porti di nuove tecnologie. Sono però esclusi dall’accordo i lavoratori del comparto ro-ro.
Un evento importante per raggiungere questo risutato è stato l’incontro avvenuto in Florida il 20 dicembre 2024 tra il presidente eletto Donald Trump e il presidente dell’International Longshoremen's Association, Harold Daggett. In quella occasione, Trump ha apertamente sostenuto la posizione del sindacato contro l'automazione, sostenendo che i vettori di proprietà straniera dovrebbero investire nei portuali americani piuttosto che in sistemi completamente automatizzati. Il suo intervento avrebbe fatto pressione sui vettori affinché scendessero a compromessi, aprendo la strada all'accordo attuale, che consente una semi-automazione limitata garantendo al contempo posti di lavoro sindacali legati alle nuove tecnologie.
Uno sciopero dei portuali sulla costa orientale e del Golfo degli Stati Uniti avrebbe potuto scatenare un effetto domino sull'economia americana e sulle catene di approvvigionamento globali, con conseguenze significative su diversi livelli. L'eventualità di un blocco delle operazioni nei principali porti avrebbe portato a ritardi nella movimentazione delle merci, interrompendo il flusso continuo che è alla base di settori chiave come la produzione, il commercio al dettaglio e l'agricoltura.
Un aspetto cruciale sarebbe stato l'aumento dei costi di trasporto e logistica, generato dai ritardi e dalla necessità di ricorrere a soluzioni alternative. Spese aggiuntive per lo stoccaggio, la riorganizzazione delle rotte di trasporto e la gestione delle tempistiche sarebbero ricadute direttamente sulle aziende, con effetti a cascata sui consumatori. Uno studio della Mitre Corporation ha stimato che un giorno di sciopero avrebbe comportato perdite di circa 640 milioni di dollari per i porti di New York/New Jersey e 600 milioni per quelli della Virginia, con cifre altrettanto significative per altri porti come Houston. Complessivamente, il costo giornaliero per l'economia statunitense sarebbe stato stimato tra 1 e 5 miliardi di dollari, a seconda della durata dell'arresto.
Inoltre, molti operatori stavano già anticipando le spedizioni navali, causando un aumento dei noli container già registrato a dicembre 2024. Un effetto collaterale di lungo termine avrebbe potuto essere un cambiamento nei modelli commerciali globali. Le aziende, per evitare rischi futuri, avrebbero potuto deviare le loro spedizioni verso i porti messicani, ridisegnando il panorama logistico in Nord America e accentuando la competizione tra hub portuali della regione.
La vicenda è iniziata a ottobre 2024, quando l’International Longshoremen's Association organizzò uno sciopero di tre giorni nei porti della costa orientale e del Golfo degli Stati Uniti per l’aumento delle retribuzioni e contro l’automazione nei porti. Le conseguenze dello sciopero furono immediate e di vasta portata. I principali porti della regione, tra cui quelli di New York/New Jersey e della Virginia, registrarono interruzioni significative nelle operazioni, con ritardi nelle spedizioni e un conseguente aumento dei costi di trasporto e logistica. Lo sciopero si concluse con l’intesa sulle retribuzioni che è entrata nell’accordo dell’8 gennaio 2025, che ora comprende anche la parte sull’automazione.