Per la società Rbd Armatori di Torre del Greco (Napoli) non ci sarà un terzo piano concordatario. Secondo fonti vicine al dossier lo avrebbero comunicato al Tribunale di Torre Annunziata i tre risanatori della società Enrico Laghi, Andrea Zopini e Corrado Gatti che nei giorni scorsi hanno dovuto prendere atto della mancanza delle condizioni necessarie per presentare un piano di salvataggio condiviso dagli azionisti della società (le famiglie Rizzo Bottiglieri De Carlini) e il fondo di turnaround Pillarstone Italy (che da luglio ha in mano i crediti rilevati da Intesa Sanpaolo e Mps).
Nelle ultime settimane il veicolo d'investimento fondato da Kkr Capital aveva presentato un'offerta d'acquisto non vincolante per tutti gli asset di Rbd (navi e immobili) ottenendo il via libera degli altri creditori e un parere favorevole anche da parte degli azionisti seppure con alcune riserve. In particolare, veniva fatto presente che Pillarstone aveva e ha tuttora pendente un'istanza di fallimento presentata nei confronti della società e inoltre venivano richieste maggiori garanzie sul mantenimento dei livelli occupazionali e sulla permanenza dell'azienda a Torre del Greco.
Fonti vicine al fronte opposto (né Pillarstone né i soci di Rbd hanno voluto commentare) fanno presente che le famiglie di armatori che controllano la società avrebbero chiesto con una lettera di portare da 3 a 7 componenti il Consiglio d'amministrazione della società con l'obiettivo evidentemente di mettere in minoranza i tre risanatori nominati con il gradimento di Pillarstone. Un'azione che ad oggi comunque non si è verificata perché il Cda è ancora composta da tre membri.
Stante la situazione attuale, i tre risanatori in Cda hanno preso atto dell'impossibilità di elaborare un piano di salvataggio condiviso e hanno rimesso nelle mani del tribunale di Torre Annunziata la decisione definitiva sulle sorti future della società di shipping di Torre del Greco. Le alternative sono il fallimento o l'amministrazione straordinaria, un'ipotesi quest'ultima già emersa nei mesi scorsi.
Rbd è proprietaria di una flotta composta da 13 navi più alcuni altri immobili, ha debiti con le banche per quasi 900 milioni di euro, un passivo di bilancio che supera il miliardo e 100 milioni di euro e garantisce lavoro a circa 400 persone (inclusi i marittimi a bordo delle navi). Soprattutto per l'elevato numero di dipendenti che occupa (anche se la stragrande maggioranza sono marittimi non italiani) la società parrebbe avere i requisiti per essere ammessa all'amministrazione straordinaria per le grandi imprese in stato di insolvenza prevista dalla cosiddetta legge Prodi (d.l. 30.1.1979, n. 26, conv. nella legge 3.4.1979, n. 95).
Le ragioni che hanno portato a questo epilogo della vicenda vanno ricercate nel clima di tensione che si è respirato fra gli azionisti di Rbd e Pillarstone fin da quando il veicolo d'investimento fondato da Kkr Capital ha rilevato la maggioranza dei non performing loan in pancia al Banco di Napoli (gruppo Intesa Sanpaolo) e a Mps per complessivi 560 milioni di euro. Da quel momento è stato un susseguirsi di prove di forza fra le controparti che hanno fatto valere rispettivamente il controllo sul pacchetto azionario e sui crediti della società.
A meno di ulteriori colpi di scena, a questo punto se il Tribunale deciderà per il fallimento gli asset della società verranno liquidati e Pillarstone incasserà quanto di sua competenza, mentre se l'azienda andrà in amministrazione straordinaria si cercherà di risanare Rbd Armatori e di rimetterla sul mercato intera o a pezzi. In questo secondo caso il veicolo d'investimento e gli altri fondi speculativi che hanno puntato su Rbd (Deutsche Bank e Goldman Sachs) rilevando crediti dalle banche avranno comunque il loro ritorno sull'investimento ma con tempi abbondantemente più dilatati.
Nicola Capuzzo
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