In materia di autoproduzione in banchina, vale a dire l’attività di rizzaggio e derizzaggio dei carichi (soprattutto rotabili) a bordo delle navi da parte degli armatori, sta andando in scena un acceso scontro fra compagnie di navigazione da una parte e portuali e sindacati dei lavoratori marittimi dall’altra. A riaccendere le tensioni è stato un emendamento che l’associazione delle compagnie portuali Ancip e i sindacati dei lavoratori marittimi hanno preannunciato di voler inserire nell’iter di conversione in legge del Decreto Rilancio per limitare al massimo questa possibilità di autoproduzione riservata agli armatori.
Nelle scorse settimane le associazioni che rappresentano le navi che scalano l’Italia (Confitarma, Assarmatori e Federagenti) hanno scritto al ministero dei Trasporti manifestando la loro preoccupazione per gli emendamenti al Decreto Rilancio che riguardavano le autorizzazioni allo svolgimento di operazioni portuali per conto proprio o di terzi ex art. 16, legge 84/94. Le associazioni si dicono “preoccupate per alcuni emendamenti al disegno di Legge di conversione del Decreto Rilancio che sarebbero stati sponsorizzati presso le forze politiche da parte di alcune organizzazioni sindacali. Tali emendamenti modificano l’articolo 16 della Legge 84/94 nella parte relativa alle autorizzazioni allo svolgimento delle operazioni portuali per conto proprio o di terzi introducendo requisiti talmente gravosi sia sul piano organizzativo che su quello economico da rendere il regime delle autorizzazioni del tutto inattuabile”.
La missiva aggiunge: “Di fatto, se tali modifiche venissero accolte, non si regolerebbe il diritto all’autoproduzione come sostengono i sindacati ma lo si negherebbe del tutto facendo tornare i porti italiani indietro di 25 anni, se non addirittura a una fase antecedente anche all’entrata in vigore della legge antitrust nazionale (n.287 del 10 ottobre 1990), il cui articolo 9 enuncia il diritto all’autoproduzione qualificandolo come un diritto soggettivo perfetto nell’ipotesi in cui l’operatore economico intenda offrire a se stesso, attraverso personale e mezzi propri, un servizio fornito in regime di riserva legale”.
La risposta dei sindacati dei lavoratori marittimi non ha tardato ad arrivare: “Contrariamente a quanto asserito da Assarmatori, Confitarma e Federagenti, l’emendamento al DL Rilancio non vieta l’autoproduzione delle operazioni portuali da svolgere sulle navi, ma ribadisce la necessità di regole e criteri chiari per far cessare lo sfruttamento dei marittimi chiamati a operare, oltre che nella fase di navigazione, anche in quella di carico e scarico delle merci, che sono state oggetto di due scioperi nazionali. Una pratica che si è resa responsabile di molti infortuni, alcuni mortali”, dicono i segretari generali Stefano Malorgio di Filt Cgil, Salvatore Pellecchia di Fit Cisl e Claudio Tarlazzi di Uiltrasporti.
La nota dei sindacati prosegue affermando: “Queste regole si rendono necessarie anche per far cessare i problemi di regolazione del mercato, insorti per interpretazioni e applicazioni diverse della norma da parte delle Autorità di sistema portuale, generando significative differenze tra un porto e un altro”. In conclusione, i rappresentanti dei lavoratori chiedono “che le autorizzazioni alle navi, che non rientrano nel numero massimo previsto dalla norma, vengano date non solo limitatamente al tempo necessario per il carico e scarico della nave sulla base dei previsti requisiti, ma che richiedano anche l’inserimento nella tabella di armamento del personale dedicato a questa specifica attività e che vi siano mezzi tecnologici adeguati”.
Nicola Capuzzo