Tra gli emendamenti che i parlamentari stanno discutendo durante la procedura di conversione in Legge del Decreto Rilancio, uno sta agitando le acque dei porti. È quello che chiarisce le condizioni per applicare l’autoproduzione, ossia l’uso degli equipaggi delle navi per svolgere alcune operazioni che riguardano il carico e scarico delle merci. In particolare, il punto più controverso riguarda l’autoproduzione nel rizzaggio e derizzaggio a bordo dei traghetti. L’emendamento, inserito come articolo 199-bis e intitolato “norme in materia di operazioni portuali” modifica il regime di autorizzazioni all’esercizio delle operazioni portuali, che devono essere concesse all’arrivo o alla partenza delle navi. In concreto, ciò potrebbe limitare, se non impedire, l’autoproduzione.
Il testo dell’emendamento prevede che l’autoproduzione potrà essere attuata solo se nel porto non operano società autorizzate alle operazioni portuali, sulla base degli articoli 16 e 17 della Legge 84/94. Cambierebbe anche la durata delle autorizzazioni, che oggi è di quattro anni e con l'emendamento sarebbe connessa a ogni toccata della nave, con la richiesta entro dieci giorni dalla data di arrivo. Inoltre, aumenterebbero i costi, perché il canone, che ora è basato sul volume di traffico, sarebbe calcolato sul numero di scali, con una somma di 1500 euro a scalo per le navi più lunghe di cento metri . Sui due fronti del porto sono schierati i sindacati, contrari all’autoproduzione, e gli armatori, favorevoli.
Mano a mano che si avvicina l’ora dell’approvazione dell’emendamento si scalda lo scontro. Solo il 1° luglio sono giunte tre prese di posizione. La prima è dell’associazione Alis, che raccoglie anche gli armatori (primo tra tutti Grimaldi) e che “esprime preoccupazione” su tale emendamento, che secondo il presidente Marcello Di Caterina “rappresenta un vero passo indietro per l’intera portualità italiana”. Di Caterina spiega che “appare evidente che i nuovi requisiti rappresenterebbero dei veri e propri ostacoli all’istituto dell’autoproduzione, soprattutto per le navi impegnate nelle autostrade del mare con frequenze elevate. Tutto questo comporterebbe una profonda lesione della competitività del settore marittimo nonché l’aumento dei costi per le compagnie armatoriali, dal momento che si ritroverebbero a non poter più disporre del proprio personale e, di conseguenza, si creerebbero abusi di posizione dominante”.
Una risposta diretta all’Alis viene da una dichiarazione rilasciata da Claudio Terlazzi, segretario generale di Uiltrasporti che afferma senza mezzi termini: “Gli armatori bocciano l’emendamento sull’autoproduzione perché vorrebbero un sistema portuale basato sullo sfruttamento dei lavoratori marittimi”. Il sindacalista precisa che “anche il regolamento europeo ora considera il rizzaggio/derizzaggio delle merci a bordo delle navi una operazione portuale e non più nautica, a differenza di qualche Autorità di Sistema Portuale che persevera in una interpretazione sbagliata”. Oltre che rappresentare un lavoro aggiuntivo per i marittimi, l’autoproduzione nei traghetti “squilibra gli organici dei porti, tagliando occasioni di lavoro per i lavoratori portuali, aumentando il ricorso alla cassa integrazione pagata dallo Stato”.
Sulla questione è intervenuta anche Assologistica, che rileva come negli ultimi due anni sono avvenute “applicazioni difformi ed interpretazioni soggettive delle norme” sull'autoproduzione, riconoscendo che “in alcune realtà portuali il ricorso all’autoproduzione da parte dei vettori marittimi è avvenuto al di fuori delle norme determinando distonie tra diversi porti e pregiudizio per i lavoratori e le imprese”. Il presidente di Assologistica, Andrea Gentile, ricorda che la questione è oggetto d’incontro al ministero dei Trasporti fin dall’estate del 2018, aggiungendo che “il rispetto delle norme è un elemento imprescindibile e se le regole non sono chiare e determinano un’applicazione difforme vanno modificate migliorandole . È fondamentale che in un ambito come quello portuale, dove operano diversi soggetti, le regole siano puntuali e uniformemente applicate. In un momento emergenziale come questo è ancora più importante garantire la corretta concorrenza tra i diversi attori”.