Il porto della Spezia sta vivendo una fase di grave crisi, caratterizzata sia da un forte calo del traffico di container, sia da un conflitto tra autotrasportatori e operatori portuali, che coinvolge anche l’Autorità di Sistema Portuale del Mar Ligure Orientale. Secondo i risultati diffusi dal Gruppo tedesco Eurokai – che controlla Contship Italia, socia al 60% del La Spezia Container Terminal – nei primi tre mesi del 2023 l’impianto ha movimentato 225.113 teu, a fronte dei 304.934 teu dello stesso periodo del 2022. Si tratta di un calo di oltre un quarto (-26,2%), che compromette le future possibilità di sviluppo, per il quale Contship Italia annunciò un investimento di 220 milioni di euro.
Questo crollo non si spiega solo con l’attuale tendenza alla contrazione del traffico marittimo di container, che sta colpendo diversi porti europei. Per restare nel Gruppo Eurokai, tutti i suoi terminal hanno perso nel primo trimestre quasi 550mila teu, ossia il 16,1%. Valore elevato, ma decisamente sotto quello dell’impianto ligure. Piuttosto, la situazione della Spezia ricorda quella di Gioia Tauro prima di aprile 2019. Allora il terminal calabrese Mct era gestito da una società con partecipazione paritaria tra la compagnia Msc e Contship Italia e soffriva di un calo di traffico, che neppure allora era giustificato dalla tendenza globale.
Il primo aprile 2019 venne annunciato l’accordo con cui Msc acquisì l’intera partecipazione della società terminalista e poi Gioia Tauro aumentò progressivamente i traffici container. La somiglianza con La Spezia è che l’altro socio del Lsct, quello che oggi ha il 40%, è proprio Msc e buona parte del traffico dipende dalle sue navi. Il sospetto che in qualche modo si possa ripetere il caso calabrese viene da una dichiarazione del presidente dell’Autorità portuale, Mario Sommariva.
Egli ha auspicato “una riflessione sulla compagine societaria del terminalista, per disegnare un nuovo patto con le linee marittime, sul modello già in essere a Tanger Med”. Ricordiamo che nel porto marocchino, Contship Italia fa parte della compagine che gestisce il terminal T3, con una quota di minoranza con Eurogate International (anch’essa controllata da Eurokai), la compagnia marittima tedesca Hapag-Lloyd e il terminalista marocchino Marsa Maroc. Sommariva non chiarisce che cosa vorrebbe per il suo porto, visto che una collaborazione tra terminalista e compagnia marittima c’è già, ma il riferimento alla compagine societaria fa pensare a un ridimensionamento del socio di maggioranza.
Ma nel porto ligure c’è un altro fronte, aperto da tempo ma che alla fine di maggio si è riacceso. È quello che contrappone una parte di operatori portuali agli autotrasportatori che muovono i container da e per il porto. Questi ultimi hanno ricevuto una comunicazione dall’Autorità portuale, che li informa del voto negativo dato il 27 maggio 2023 dall’Organismo di Partenariato all’ordinanza che avrebbe migliorato il flusso di veicoli in porto tramite nuove regole di accesso e nuovi livelli di servizio (che avrebbero comportato penalizzazioni nel caso di lunghi tempi di attesa per carico e scarico).
È partita immediatamente la protesta da parte di cinque sigle dell’autotrasporto (Confartigianato Trasporti, Anita, Assotir, Fita Cna e TrasportoUnito) che dichiarano in una nota congiunta: “Non possiamo che ritenere questa una scelta irresponsabile che blocca il tentativo concreto di migliorare l'operatività dei camion nel porto, riducendo al contempo gli enormi extra costi di attese e code che quotidianamente devono subire le imprese di autotrasporto, senza dimenticare gli insopportabili disagi a cui devono assoggettarsi gli autisti”.
Il comunicato aggiunge: “ Ancor più grave è che dicendo di no all'ordinanza gli operatori hanno bloccato un'azione utile anche per le capacità dei servizi portuali alla merce e quindi di rafforzamento della competitività dell'intero scalo. Una bocciatura che arriva dopo una sperimentazione transitoria durata mesi che aveva permesso, per la prima volta, di misurare sul campo i tempi di entrata ed uscita dal porto e mettere a fuoco alcune problematiche su cui intervenire con step successivi e che si poneva l'obiettivo di ridurre l'inquinamento e la pressione costante che la città deve sopportare. Forse, però, è proprio la volontà di mantenere lo status quo, a dispetto dell'intera città e del rispetto di tutti gli operatori della filiera logistica, che chi ha votato contro ha voluto sottolineare”.
Crollo dei traffico container e interruzione di un programma per rendere più fluido e veloce il flusso di veicoli industriali (con benefici anche sulla circolazione urbana) sono due pessimi segnali per il porto della Spezia. Ma ancora più grave è la mancanza di una strategia per il suo futuro, che appare minacciato dalla vicina Genova. Che al contrario sta vivendo un periodo di euforia per l'inizio dei lavori della nuova diga foranea e l'avanzamento di quelli nella Calata Bettolo.
Queste opere, quando terminate, permetteranno al bacino di Genova di accogliere più portacontainer e di maggiori dimensioni rispetto a oggi. Ma l’approdo di grandi navi è proprio il punto di forza della Spezia, dove possono attraccare quelle superiori a 14mila teu. Non solo. Il suo socio Msc ha interessi crescenti proprio a Genova (al terminal Bettolo) e nell’altro scalo che minaccia La Spezia, quello di Livorno, dove procede il progetto del nuovo terminal container di Darsena Toscana (che vede anch’esso la partecipazione di Msc). Una manovra a tenaglia che potrebbe stritolare La Spezia se non saprà darsi una strategia di ampio respiro.
Questa situazione impone anche una riflessione sul potere raggiunto a terra dalle compagnie marittime. È vero che hanno sempre condizionato l’andamento dei terminal decidendo dove far approdare le loro navi, ma ora stanno conquistando direttamente i terminal. Il rapporto di Srm mostra che già oggi i terminal partecipati da Msc superano ampiamente il 40% del traffico container italiano, una quota destinata a crescere.