La Commissione Europea ha riaperto il fascicolo sulla Consortia Block Exemption Regulation, ossia la norma comunitaria che consente alle compagnie marittime che operano nel container di formare alleanze, in deroga alla normale normativa sulla concorrenza. Può farlo che ha una quota di mercato combinata inferiore al 30%, a specifiche condizioni, per condividere le navi in alcuni servizi di linea. La Cber è usata soprattutto sulle rotte tra Asia ed Europa.
In teoria, l’esenzione non permette la creazione di cartelli, perché non si possono fissare tariffe, ma negli ultimi due anni è stata molto contestata dagli spedizionieri, durante la fase dell’impennata dei noli. Il Cber è entrato in vigore nel 2009 ed è stato prorogato due volte fino al 25 aprile 2024. Proprio le denunce degli spedizionieri, tra cui quelle del Global Shippers Forum, hanno spinto la Commissione Europea a riprendere in mano la questione.
Per farlo ha diffuso ad agosto 2022 un invito a presentare contributi sull’efficacia di questo provvedimento e ha inviato agli operatori del settore (spedizionieri, imprese portuali, terminalisti, autotrasportatori e aziende logistiche) alcuni questionari per acquisire dati sull’impatto del Cber sulle loro attività dal 2020 a oggi. Tali informazioni saranno usate per decidere se prorogare o annullare l’esenzione.
Lo scontro tra spedizionieri e compagnie marittime prosegue anche negli Stati Uniti, dove ha raggiunto le aule dei Tribunali civili. Il caso più recente riguarda la causa intentata dal raggruppamento di spedizionieri US Shipper contro la compagnia danese Maersk. L’accusa è di non avere rispettato gli obblighi contrattuali durante la fase d’emergenza della pandemia. In concreto US Shippers afferma che Maersk non ha fornito gli spazi di stiva concordati nel 2020, venendoli (presumibilmente a tariffe più alte) ad altri operatori. US Shipper chiede un risarcimento di 180 milioni di dollari.