Si parla da tempo della fusione tra due delle più grandi flotte di portacontainer cinesi, quella della China Cosco e della China Shipping Container Lines, con lo scopo di aumentare l'economia di scala e ridurre i costi del trasporto di container, i cui noli sono precipitati a livelli record. Le due società, nonostante la quotazione in Borsa, sono controllate dallo Stato cinese, che sta pilotandone l'aggregazione. La sospensione delle contrattazioni delle azioni, avvenuta il 10 agosto 2015, rappresenta per gli analisti un chiaro segnale che tale processo sta giungendo alla fase finale, anche se finora il Governo cinese non fornisce conferme o smentite.
Secondo la società d'analisi Drewry, le due compagnie avrebbero perso complessivamente, negli ultimi cinque anni, almeno un miliardo di dollari, quindi un'integrazione, con relativa ristrutturazione, diventa ormai necessaria per ridurre i costi e per ottenere credito dal mondo finanziario. Un'eventuale fusione tra le due compagnie causerebbe anche conseguenze nelle alleanze globali del container, perché Cosco fa parte del consorzio CKYHE, mentre CSCL è uno dei tre fondatori di Ocean 3. Questi due consorzi uniti avrebbero una quota di mercato del 41%, quindi una loro eventuale integrazione sarebbe respinta dagli Antitrust interessati.
L'alternativa è che la nuova compagnia cinese che nascerebbe dalla fusione entrasse in uno dei consorzi esistenti, oppure ne fondasse uno proprio, attirando qualche altro operatore. Da parte loro, i due consorzi che perdono membri così importanti dovrebbero sostituirli con altri vettori di dimensione analoga.
Drewry valuta che se Ocean 3 riuscisse ad accogliere la nuova realtà cinese, raggiungerebbe una quota del 23%, diventando il terzo operatore mondiale dietro all'alleanza 2M (che ha il 30%) e alla G6 (che ha il 24%). Viceversa, se perdesse CSCL, la sua quota scenderebbe al 13%, costringendole a cercare nuovi partner per non trovarsi in una posizione marginale. Gli altri due membri del consorzio sono CMA CGM e Uasc.
Ancora meglio andrebbe al consorzio CKYHE se la flotta integrata cinese passasse dalla sua parte, perché raggiungerebbe il secondo posto nel mercato globale, con il 28%, tallonando il primo 2M. Se perdesse questa occasione, e quindi Cosco, la sua quota scenderebbe al 17%. Insomma, una sorta di lascia o raddoppia.
In attesa dell'evoluzione, CSCL annuncia un ordine di otto portacontainer da 13.500 teu ciascuna al cantiere cinese Shanghai Jiangnan Changxing Shipbuilding. Le navi saranno consegnate tra aprile e dicembre del 2018, quando i giochi dovrebbero essere ormai conclusi, e saranno inserite sulle rotte tra Asia ed Europa.
Intanto, nonostante la pressione sui noli, la stiva globale delle portacontainer continua ad aumentare e quest'anno saranno varate almeno 500mila teu, che compenseranno il milione di teu dismesso nel 2014. Una situazione che rischia di portare al collasso i bilanci di diverse compagnie, prime tra tutte quelli di minori dimensioni, che non riescono a ridurre i costi unitari per teu.
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