Dopo nove anni dallo scoppio del caso Dieselgate, il suo più noto accusato – l’ex Ceo di Volkswagen Martin Winterkorn – il 3 settembre 2024 è entrato nell’aula del Tribunale di Braunschweig, in Germania per affrontare un processo che lo vede imputato di tre reati: frode, manipolazione del mercato e falsa testimonianza. Il processo avrebbe dovuto iniziare nel 2021, ma è stato rinviato a causa delle precarie condizioni di salute di Winterkorn, che oggi ha 77 anni.
Al centro del Dieselgate c’è la manipolazione delle rilevazioni delle emissioni di ossidi di azoto attuata tra il 2006 e il 2025 (anno della scoperta) nelle centraline di motori diesel di alcuni modelli di autovetture e veicoli commerciali prodotti dal Gruppo Volkswagen. Tale manomissione avrebbe interessato circa nove milioni di veicoli e si stima che questo caso sia costato al Gruppo tedesco 32 miliardi di dollari, tra spese legali e risarcimenti.
In particolare, Winterkorn è accusato di aver consentito la vendita di veicoli equipaggiati di software in grado di manipolare i livelli di emissioni di ossido di azoto, pur essendo a conoscenza della loro esistenza, di avere informato in ritardo i mercati della manomissione e di aver mentito durante una testimonianza nell'inchiesta parlamentare nel gennaio 2017, affermando di essere venuto a conoscenza delle manipolazioni nel settembre 2015, mentre secondo l'accusa ne sarebbe stato informato già all'inizio dello stesso anno. Winterkorn ha sempre dichiarato la sua innocenza e se sarà dichiarato colpevole rischia fino a dieci anni di carcere.