La guerra dei dazi danneggia tutti. Lo abbiamo sentito dire molte volte in questi giorni e ora appaiono gli effetti della spirale tariffaria che sta avvenendo tra Stati Uniti e Cina. Trump ha alzato il livello dei dazi verso le importazioni cinesi al 145% e Xi Jinping ha risposto portando quelli delle importazioni statunitensi al 125%. E non è detto che si sia giunto il livello massimo. Già ora, però, queste imposte stanno danneggiando gli operatori del commercio e del trasporto in entrambe le coste del Pacifico.
Mentre in Cina sono stati fermati gli ordini provenienti dagli Usa - alcuni dei quali erano già nei container, che ora stanno intasando le banchine – negli Stati Uniti gli importatori che non sono riusciti a fermarli in tempo devono pagare i dazi e molti di loro non hanno le risorse finanziarie per farlo, come riferisce un servizio della stazione statunitense Cnbc. Il nodo principale è la liquidità. La maggior parte delle imprese statunitensi non può anticipare queste somme senza compromettere altre spese operative fondamentali. I margini sono già ridotti, e il rischio di fallimento aumenta con il crescere delle difficoltà nel gestire i flussi di cassa. Il timore è che i dazi siano mantenuti nel tempo, costringendo le imprese a rivedere completamente le proprie strategie di approvvigionamento.
Secondo la National Retail Federation, le importazioni negli Stati Uniti potrebbero calare di almeno il 20% nella seconda metà del 2025. Le imprese avevano già accumulato scorte nei mesi precedenti per contenere l’impatto dei dazi, ma ora la strategia si è rivelata insostenibile. Sul piano macroeconomico, le previsioni sono allarmanti: se i dazi resteranno in vigore per tutto il 2025, il Conference Board stima una contrazione dell’economia statunitense dell’1,2% e un tasso di disoccupazione in crescita dal 4,2% al 4,7%, con la perdita di oltre un milione di posti di lavoro.